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Metodo del Consenso
Quanto segue è un estratto dal Quaderno n.1/20 “Metodo del consenso, cultura della pace e processi partecipativi”, pubblicazione periodica a cura del Centro Studi Difesa Civile ISSN: 2038-9884
(testo di Roberto Tecchio, con licenza CC BY-SA)
Qualche definizione per iniziare…
Nell’enciclopedia Treccani on line, si legge: “Metodo del consenso. Processo decisionale all’interno di una collettività che prevede il raggiungimento di una posizione condivisa da tutti i partecipanti attraverso il confronto e la mediazione. Il metodo del c. si distingue in tal senso tanto dai metodi basati sul principio della maggioranza quanto da quelli basati sul principio di autorità.”
Wikipedia, che dichiara di impiegare il metodo, lo riassume così: “Il metodo del consenso, o processo decisionale consensuale, è un processo decisionale di gruppo che ha come obiettivo quello di pervenire a una decisione consensuale, cioè che non sia solo l’espressione dell’accordo tra la maggioranza dei partecipanti, ma che integri nella decisione anche le obiezioni della minoranza. Il consenso è di solito definito sia l’accordo generalizzato su una decisione, sia il processo per arrivare a tale accordo. Il metodo del consenso è il processo per pervenire al consenso.”
L’International Institute for Facilitation and Change, una delle principali organizzazioni che esplicitamente adotta e insegna il metodo, lo presenta evidenziandone l’aspetto cruciale: “Il metodo del consenso è un metodo decisionale che cerca di risolvere i conflitti in forma pacifica e di sviluppare attraverso la collaborazione decisioni che tutti possano appoggiare.” (Briggs, 2014)
A queste definizioni aggiungo ora la mia (io preferisco parlare di Metodologia del Consenso piuttosto che di Metodo del Consenso):
“La Metodologia del Consenso riguarda procedure formali
che gruppi e organizzazioni diversi strutturano in modi diversi
attingendo ad un bagaglio di tecniche e conoscenze in continua evoluzione;
tali procedure (genericamente chiamate Metodo del Consenso)
implicano sempre la gestione nonviolenta del conflitto
e mirano a favorire l’emersione, il riconoscimento e la valorizzazione dei differenti punti di vista
al fine di conseguire accordi su decisioni che possano essere rispettate da tutti
e che, fattivamente, possano essere più o meno sostenute da tutti,
senza ricorrere al voto.”
Dalla prefazione al Quaderno, di Giovanni Scotto**
Sono felice di poter presentare questo importante lavoro di Roberto Tecchio sulla metodologia del consenso: come proverò a illustrare, si tratta di un contributo rilevante alla maturazione dei movimenti per la trasformazione sociale e per la società italiana nel suo complesso.
Roberto stesso descrive in modo sintetico l’apporto dato da lui stesso e dalle organizzazioni di cui in alcuni casi ha fatto parte, in particolare il Centro Studi Difesa Civile e la Rete di Formazione alla Nonviolenza. Credo però che sia opportuno ribadire l’importanza e la portata del suo contributo. Roberto ha raccolto dai primi training nonviolenti in Italia e da Alberto L’Abate l’impulso a introdurre in Italia la metodologia del consenso, ed è anche grazie al suo lavoro che questa si è diffusa nella società civile del nostro paese dalla fine degli anni ottanta in poi.
Nelle pagine che seguono vorrei offrire alcune “aggiunte” al lavoro di Roberto e un contesto più ampio all’interno del quale poterne apprezzare pienamente l’importanza e il valore. Anzitutto proverò a illustrare l’importanza del modo in cui vengono prese le decisioni nei gruppi, e la necessità di una sua profonda trasformazione. Vedremo anche come l’innovazione rappresentata dalla metodologia del consenso riprende e attualizza esperienze che attraversano la storia umana e si manifestano in un gran numero di società. Infine verranno esplorate alcune tendenze attuali in cui si lavora per migliorare la qualità delle decisioni prese, a risolvere conflitti collettivi e in questo modo avanzare la qualità del sistema democratico.
Come per altri temi, quello della metodologia del consenso come modo più avanzato per prendere decisioni sembra fare capolino all’improvviso nella storia delle nostre società, e a tutta prima appare un aspetto secondario: in fondo non è tanto importante come nelle società umane vengono prese delle decisioni, ma soprattutto che cosa viene deciso… O forse non è così?
A mano a mano che approfondiamo il tema, invece, ci rendiamo conto che si tratta di un tema centrale quando immaginiamo una società più avanzata, e allo stesso tempo uno strumento decisivo per aumentare l’efficacia di coloro che, dal basso, provano a organizzarsi per cambiare lo stato di cose presenti. Nelle parole di David Graeber, scrittore e attivista anarchico: la metodologia del consenso “in ultima analisi aspira a reinventare la vita quotidiana nel suo insieme” (Walia 2012).
Questa sintesi tra un futuro desiderato e l’efficacia della nostra azione nel presente a sua volta rimanda a un nucleo profondo di valori – nel caso della metodologia del consenso, l’uguaglianza e la libertà di ogni essere umano, la natura preziosa della voce di tutte e tutti, la profonda esigenza di coinvolgere ognuna nei momenti di deliberazione e decisione (Graeber 2013). Forme di partecipazione democratica migliori e più avanzate sono una richiesta di tutti i movimenti per il cambiamento sociale: individuare il metodo del consenso come uno strumento importante per l’azione dei gruppi attivi nella trasformazione della società è quindi un’altra manifestazione del riconoscere la profonda identità tra fini e mezzi, un principio cardine della nonviolenza, e fa parte del “programma costruttivo” che nel conflitto nonviolento viene portato avanti insieme alle lotte.
** Giovanni Scotto insegna Teoria del conflitto e della mediazione all’Università di Firenze. È responsabile scientifico del Laboratorio Forma Mentis presso il PiN di Prato e coordina la Piccola Scuola di Pace “Gigi Ontanetti” a Firenze.
Se t’interessa l’argomento, ti invito a leggere o scaricare il Quaderno in formato pdf