Primo maggio 2020, tre anni dalla morte di Eugene Gendlin. La forza del suo pensiero ed insegnamento sono più vivi che mai e continuano ad ispirare chi li incontra. Per ricordare l’anniversario riporto per intero, con molto piacere, ciò che ha scritto Meg (Maria Emanuela Galanti) nel suo blog, una cara amica filosofa, insegnante di Focusing e attivista dell’ascolto empatico.
<<Il primo maggio 2020 saranno trascorsi tre anni dalla morte di Eugene T. Gendlin. Lo ricordo qui con una citazione da un articolo del 1993, che racchiude tutta la sua filosofia e anche il suo modo caratteristico di esprimersi, tra il serio e il faceto.
“Today it is against fashion to affirm a universal human nature or a bodily, animal nature in humans or a reality that is not just an interpretation. Of course, I won’t affirm these in that innocent way that is being rightly rejected — but I will affirm all three, after all.”
“Al giorno d’oggi è fuori moda affermare l’esistenza di una natura umana universale, di una natura animale e corporea negli esseri umani o di una realtà che non è solo una interpretazione. Di certo, non affermerò questi punti nel modo ingenuo che al giorno d’oggi viene giustamente rigettato. Tuttavia, a ben vedere, li affermerò comunque.”
A Gendlin non basta dire che siamo nati come esseri relazionali. La diade corpo-ambiente, o quella io-tu o quella mente-corpo non sono affatto illusioni. Sono piuttosto il prodotto di una evoluzione che all’origine ha visto un processo unico con due poli, unità capace di differenziarsi. Il feto nell’utero materno prima di essere tale è stato liquido amniotico. Il seme prima di cadere a terra è stato parte di un frutto. Il pulcino grumo di sangue in un tuorlo.
Credo che Gendlin (in questo, seguendo Carl Rogers) fosse consapevole che per esprimersi come relazionale la natura umana ha bisogno di un ambiente protetto che non è quello della vita di tutti i giorni. Entrambi hanno lavorato affinché le relazioni di aiuto psicoterapeuta-cliente, buon genitore-figlio, partner-partner, si diffondessero in tutta la società e la colonizzassero trasformandola dal di dentro, per renderla più vivibile e più autentica.
Oggi più che mai, in epoca di pandemia e di crisi ecologica e climatica, mi sembra indispensabile un impegno per costruire condizioni ambientali protette, dove sperimentare – anche solo in maniera circoscritta – il prezioso benessere dato da relazioni umane non rapaci. Solo su questa base possiamo sperare di costruire le società resilienti di cui tanto si parla e di cui abbiamo un disperato bisogno.>>